Durante la mia attività professionale una domanda frequente che mi si pone è “Mi devo operare dottore perché ho il crociato rotto?”. Non tutti i pazienti sono uguali: sono pazienti è vero, ma ciascuno di loro ha proprie paure, aspettative, hobby, esigenze… per non parlare di età, condizione clinica e attività lavorativa. Inoltre, il meccanismo di lesione, in questo caso del ginocchio, è diverso da caso a caso, a causa delle numerose variabili individuali ed ambientali.
Molti pazienti, o almeno quelli che non mi conoscono, pensano che, essendo un chirurgo ortopedico, desideri operare tutti, indistintamente: ma non è così! Quando scelgo, insieme al paziente, di metterlo in lista per un intervento, la decisione è il risultato della “pesata” di una bilancia speciale, ovvero mettiamo insieme su un piatto benefici e vantaggi e, sull’altro, rischi e svantaggi. Quando la bilancia pende da una parte, io consiglio di seguire quella direzione, poi il paziente decide autonomamente, ma ben informato. Nei casi dubbi, il corretto approccio è eseguire una fisioterapia mirata, per capire maggiormente la reale necessità chirurgica.
Ho voluto scrivere questo articolo per sottolineare che senza il legamento crociato anteriore si può vivere tranquillamente: ovviamente esistono dei “ma” e dei “se”, che qui cercherò di spiegare.
Innanzitutto stiamo parlando di lesioni isolate del Legamento Crociato Anteriore (LCA), ovvero quando il danno recato interessa solo il LCA e non altri legamenti, né i menischi e neppure lo strato cartilagineo. In questi ultimi casi, più complessi, la scelta chirurgica è molto più probabile, perché il danno globale del ginocchio è maggiore.
Perché non operare tutti?
In alcuni casi il piatto della bilancia pende dalla parte del “non operare” perché la ricostruzione del legamento crociato anteriore (LCA) è un intervento chirurgico vero e proprio: si esegue in artroscopia è vero, ma necessita di anestesia (subaracnoidea, plessica e, in rari casi, generale). Inoltre una parte dell’intervento, ovvero il prelievo dell’innesto (tranne per l’uso degli allograft) si esegue a cielo aperto. In aggiunta, purtroppo, il legamento ricostruito si può rompere nuovamente, nonostante intervento e fisioterapia post-operatoria siano stati eseguiti correttamente: questo avviene in una percentuale variabile, ma non indifferente, in circa il 10-15% dei casi.
Nessun chirurgo può assicurare la riuscita di un intervento a causa delle numerose variabili che non dipendono né da lui, né dal paziente e, in questo caso, neppure dal fisioterapista. Quindi si tratta di un intervento con la presenza di rischi e va eseguito in chi realmente necessita di un ginocchio più stabile. Di solito una persona sedentaria, che non pratica sport, oppure una più anziana e non attiva, sono i tipici casi che non necessitano della ricostruzione chirurgica. Sottolineo l’importanza della fisioterapia, che può riportare il paziente ad una condizione ottimale anche senza chirurgia. Quindi, la fisioterapia rimane importante sia nel periodo pre-operatorio, sia dopo l’intervento, ma anche nei casi in cui l’intervento non sia consigliato.
Chi “deve” essere operato?
Il verbo “dovere”, scritto di proposito, a me personalmente non piace. Come medici “consigliamo”, non “obblighiamo”. Certamente si può consigliare più o meno intensamente, in proporzione alla gravità clinica, ma la decisione è sempre del paziente, ben informato ed assistito da familiari e dal Medico di Famiglia. Alla luce di questo, i pazienti candidati a questo tipo di intervento sono: atleti, persone che pratichino sport e/o lavori pesanti.
C’è un limite di età per l’intervento?
I limiti esistono. Se guardiamo verso il basso, nei pazienti minorenni, o meglio ancora in via di sviluppo, è consigliabile eseguirlo solo se si presenta clinicamente un’instabilità tale da impedire qualsiasi tipo di attività ludica o fisica: come esempio, un bambino di 10 anni che non riesce a giocare con gli amici. Se la sua condizione clinica senza il LCA non gli procurasse problemi, potrebbe aspettare la maturità scheletrica.
Se guardiamo, invece, verso l’alto, non c’è univocità nel porre il limite massimo. Più l’età è elevata, maggiore è il rischio di fallimento, per cui bisogna realmente capire la necessità dell’intervento. Oltre i 55 anni di età, conviene sempre iniziare con un trattamento conservativo, ovvero fisioterapia dedicata e, spesso, il trattamento chirurgico non si rende necessario.
Dr. Giovanni Giordano