Quando si appresta ad eseguire un intervento di protesi d’anca, il chirurgo ortopedico deve porre particolare attenzione nel planning pre-operatorio, non solo alla tecnica chirurgica (corretto posizionamento del paziente sul tavolo operatorio, via d’accesso con individuazione precisa dei reperi anatomici, ripristino dei centri di rotazione acetabolare e off-set femorale), ma anche alla scelta della protesi da impiantare, esaminandone aspetti biomeccanici, design, modello e tribologia.
In particolare con quest’ultimo lo specialista valuta quale accoppiamento utilizzare sulle superfici articolari (testina dello stelo e inserto del cotile) per garantire la migliore funzionalità in relazione alle richieste funzionali del paziente.
L’impianto protesico d’anca nella sua versione “monoblocco” si compone di vari elementi:
- Cotile: è costituito da una lega di titanio ed è rivestito, sulla porzione esterna della calotta emisferica, da uno strato sottile di materiale “poroso” (plasma-spray, idrossiapatite, porocoat) che possa favorirne il processo di osteo-integrazione acetabolare.
In talune condizioni di grave erosione, perdita di sostanza e ampi difetti ossei acetabolari, viene utilizzato un materiale di ultima generazione come il tantalio, di cui studi scientifici dimostrano la grande efficacia sia nel favorire la crescita ossea all’interno della struttura trabecolare, sia nel contrastare la riproduzione batterica (effetto batteriostatico), riducendo quindi l’insorgenza di possibili infezioni. - Stelo: costituito nel recente passato da una lega metallica di cromo-cobalto, oggi ormai soppiantati nella versione non cementata da nuovi materiali come le polveri di titanio, è rivestito di materiali porosi in grado di favorire l’osteo-integrazione all’interno del canale femorale. Viene generalmente inserito all’interno del femore con tecnica press-fit (a pressione); tuttavia in casi selezionati (marcata osteoporosi o canale diafisario con morfologia cosiddetta “a tubo di stufa”) viene fissato all’osso tramite uno strato di cemento in polimetilmetacrilato.
- Colletto: presente solo nella versione “modulare” delle protesi, viene alloggiato in un incavo dello stelo, con lunghezza e off-set adeguati per ripristinare stabilità ed eumetria dell’impianto.
- Testina: solitamente in ceramica, più raramente in metallo oppure oxinium (una sorta di metallo ceramizzato) viene posizionata sul colletto dello stelo.
- Inserto: viene assemblato all’interno del cotile per accogliere la testina dello stelo protesico.
È, in particolare, su questi ultimi due elementi che si concentrano le considerazioni più importanti della scienza che studia il comportamento di due superfici che interagiscono tra loro con quello che si definisce un moto relativo. Ormai nella stragrande maggioranza degli impianti la testina è costituita da ceramica (Biolox Delta, Biolox Forte, Delta Alumina), ossia da materiali con ossidi miscelati a base di zirconio, che hanno buona resistenza alla frattura, eccellente resistenza all’usura e biocompatibilità illimitata.
Per quel che riguarda l’inserto del cotile, le opzioni a disposizione del chirurgo sono la ceramica o il polietilene, un materiale plastico altrettanto affidabile (E-Poly, Cross-link Poly).
In virtù delle caratteristiche dell’una o dell’altro, si hanno differenti comportamenti nel punto in cui avviene lo scivolamento delle due componenti articolari. Particolarmente resistente all’usura per la sua scarsa “rugosità”, tuttavia la ceramica rileva l’inconveniente di avere un modulo di elasticità inferiore al polietilene; per questo motivo l’accoppiamento testina–inserto in ceramica-ceramica può presentare maggiori rischi di rottura a livello di inserto acetabolare o di lussazione, pur rimanendo la soluzione più indicata per la sua resistenza a lungo termine, come dimostrato da molti studi. Effetto secondario della ceramica, fortunatamente non molto frequente, è la presenza di un rumore caratteristico correlato al movimento, noto come “effetto squeaking”, che tuttavia non incide sulla mobilità dell’articolazione.
Prestazioni molto simili, sono ottenute dal polietilene di ultima generazione in cui l’aggiunta di sostanze antiossidanti (come la vitamina E) o la creazione di strutture altamente reticolate nei cross-linked Poly, permettono di raggiungere standard di poco inferiori a quelli della ceramica in termini di usura. Questo, associato alla migliore elasticità e alla possibilità di utilizzare versioni con “spalletta” anti-lussante, fanno della ceramica-polietilene un accoppiamento estremamente affidabile per caratteristiche generali di resistenza e durata.
Una citazione a parte meritano le cosiddette “protesi a doppia mobilità” in cui l’accoppiamento bi-articolare prevede una duplice mobilità tra una testina generalmente in metallo o ceramica e una cupola di grandi dimensioni in polietilene, che a sua volta si articola con un inserto in metallo all’interno della coppa acetabolare. Questa soluzione ha guadagnato sempre maggiore interesse anche al di fuori dei confini francesi, come alternativa agli impianti classici grazie alla sua stabilità, longevità e affidabilità nei risultati clinici, in particolare in pazienti ad alto rischio (revisioni di protesi in casi di lussazioni recidivanti, deficit neuromuscolari o disturbi psichiatrici).
Le uniche eccezioni in questo panorama dominato da ceramica e polietilene sono rappresentate dalle cosiddette protesi di rivestimento, che prevedono inserti in metallo per accoppiamenti articolari metallo-metallo, con teste di grande diametro anch’esse in cromo-cobalto, che consentono di conservare il collo femorale. Sono tuttavia ritenute potenzialmente pericolose per fenomeni di sensibilizzazione e ipersensibilità, nonostante il ricorso a test allergici epicutanei a cui vengono preventivamente sottoposte.
A fronte di queste differenze riguardo i materiali delle componenti articolari, un altro fattore determinante nella scelta dell’impianto è il design della protesi. È ormai universalmente riconosciuto, infatti, che la qualità delle protesi d’anca attualmente in commercio sia estremamente affidabile dal punto di vista biomeccanico: ad orientare il chirurgo ortopedico verso un modello o un altro, spesso sono alcune caratteristiche che fanno ritenere alcune protesi più adatte a certe tipologie di paziente, vie d’accesso e morfologie del canale femorale.
Nella mia pratica chirurgica quotidiana dove la via d’accesso anteriore mininvasiva rappresenta il gold standard per la quasi totalità dei pazienti sottoposti a intervento di protesi d’anca, ritengo che l’utilizzo di steli femorali corti non cementati (a presa metafisaria), testine in ceramica di diametro 32-36 mm e misura short o medium (quando possibile, in base alle dimensioni del cotile) e accoppiamenti ceramica-ceramica (età inferiore ai 65 anni) o ceramica-polietilene con spalletta anti-lussante (età superiore ai 65 anni), rappresenti l’opzione migliore dal punto di vista meccanico e di stabilità dell’impianto, contribuendo anche ad una maggiore resistenza all’usura.
Dr. Paolo Razzaboni