Al giorno d’oggi le aspettative di chi ha subito un intervento di protesi di ginocchio sono, giustamente, molto elevate e nella maggior parte dei casi, se il programma riabilitativo viene correttamente eseguito, il recupero è pressoché totale. Questo significa che il paziente può tornare a compiere senza fastidio tutti quei movimenti e quelle attività che prima, invece, erano limitati o, in alcuni casi, impossibili da svolgere. Allo stesso tempo, però, è compito del medico ortopedico dare informazioni accurate su tutto il percorso post operatorio, per ottimizzare il recupero funzionale e per evitare che si possano alimentare aspettative poco realistiche. Tutto questo tiene conto, naturalmente, anche del lungo periodo di dolore e di inattività muscolare, che spesso si accompagna al classico quadro di gonartrosi cronica.
Per dare una panoramica dettagliata del programma e dei tempi di recupero, rispondiamo alle sei domande più comuni sul protocollo post operatorio.
Per quanti giorni dovrò stare immobile dopo l’intervento?
L’immobilità a seguito della sostituzione protesica del ginocchio viene ridotta al minimo e, in assenza di complicanze, si limita a qualche ora. Già il giorno dell’intervento o quello immediatamente successivo, infatti, il paziente inizia una mobilizzazione passiva, può stare seduto a letto e viene educato dal fisioterapista a camminare con il supporto di bastoni antibrachiali, che potrà abbandonare progressivamente nell’arco di circa 4-5 settimane. Al momento della dimissione, dopo circa 10/15 giorni, il paziente è in grado di deambulare con le stampelle, di salire e scendere le scale, di sedersi anche per le necessità fisiologiche e di alzarsi da solo dalla sedia. Solitamente può riprendere la guida a circa 6 settimane dall’intervento, previa specifica autorizzazione del medico ortopedico.
Quando inizierò la fisioterapia e quanto tempo durerà?
Il programma di recupero fisico comincia il giorno successivo all’intervento con un’opportuna mobilizzazione passiva continua del ginocchio operato tramite Kinetec. Si tratta di un dispositivo automatizzato che permette una lenta mobilizzazione dell’articolazione con un’azione meccanica che si protrae continuativamente per circa un’ora e mezzo e che si può ripetere un paio di volte al giorno. Il Kinetec viene preimpostato, ma può essere anche autogestito dal paziente, consentendo di aumentare progressivamente (a tolleranza di dolore) l’escursione articolare di circa 5° ogni giorno, fino ad arrivare a un massimo di 110° di flessione.
Contemporaneamente, inizia il lavoro individuale di mobilizzazione con il fisioterapista che prevede anche esercizi “isometrici” per rafforzare muscolo quadricipite, glutei, flessori e polpaccio; quindi, viene intrapresa la rieducazione al carico con appoggi e, appena possibile, viene favorito l’utilizzo della cyclette.
Il tono-trofismo muscolare della coscia e del polpaccio, indebolito dalla lunga e cronica inattività dettata dalla condizione pregressa del ginocchio, viene recuperato solo con il tempo, attraverso la pratica costante e regolare di esercizi per alcuni mesi. Il programma riabilitativo complessivamente ha una durata variabile tra i 4 e i 6 mesi, fino a quando cioè, non si raggiunge il massimo recupero funzionale individuale.
Una volta terminata la riabilitazione, quali movimenti riuscirò a fare?
È ragionevole aspettarsi, a 4 settimane dall’intervento, una flessione di almeno 90°-100°, tuttavia l’obiettivo più importante rimane il raggiungimento di un’estensione completa, presupposto fondamentale per un corretto schema deambulatorio senza zoppia.
Dopo 6 mesi si può arrivare a flettere il ginocchio persino oltre 120°, anche se già una flessione intorno ai 100° permette di svolgere qualsiasi attività quotidiana, camminare correttamente, fare le scale senza difficoltà, andare in bicicletta e guidare.
Potrò tornare a svolgere attività sportiva?
Nel corso della nostra esperienza abbiamo constatato che l’obiettivo di tornare all’attività sportiva praticata tanto amata, rappresenta uno stimolo psicologico e una motivazione fondamentale per il paziente.
Se, da un lato, è giusto supportare questa sua “esigenza”, dall’altro, è legittimo da parte del chirurgo ortopedico, sottolineare come esistano sport consigliati rispetto ad altri fortemente a rischio. Sono generalmente indicate attività come camminare o fare trekking, nuotare, giocare a golf o tennis, andare in bicicletta e tutti gli sport a basso impatto, poichè rafforzano la muscolatura del quadricipite e dei glutei, che sono ritenuti stabilizzatori fondamentali dell’anca e del ginocchio. Sollecitazioni frequenti o traumatiche del ginocchio (running) oppure sport di contatto potenzialmente pericolosi (calcio, basket, rugby, pallavolo, sci) possono compromettere l’efficacia dell’intervento e la stabilità legamentosa del ginocchio e, di conseguenza, dell’impianto protesico, oltre ad esporre ad un maggior rischio di incorrere in una frattura periprotesica post-traumatica.
Quando si deve tornare al controllo dall’ortopedico?
I controlli clinici successivi all’intervento sono di solito definiti dal chirurgo ortopedico già al momento della dimissione. Il primo avviene dopo circa 40 giorni, previa esecuzione da parte del paziente di una radiografia di controllo del ginocchio operato in duplice proiezione (AP antero-posteriore e LL latero-laterale). Segue una successiva visita a circa 3 mesi, una a 6 mesi (facoltativa) e, sicuramente, a 1 anno di distanza dall’intervento con un’ulteriore documentazione radiografica recente. In seguito, in assenza di particolari problematiche cliniche, i controlli di routine possono avere cadenza biennale.
Ma quanto dura una protesi di ginocchio?
La “longevità” di una protesi di ginocchio è in relazione a diverse variabili: le più importanti sono l’età e il peso corporeo del soggetto e il suo livello di attività lavorativa e/o sportiva.
Nel complesso, circa l’85-90% delle protesi ha un buon risultato a 15 anni o più dall’intervento. Il problema maggiore solitamente è rappresentato dalla biologia, ovvero dallo scollamento o “mobilizzazione asettica” delle componenti protesiche: questo può avvenire per effetto del cedimento del cemento o del riassorbimento osseo (osteolisi).
Dopo circa 10 anni, comunque, il 25% delle protesi mostra iniziali segni di osteorarefazione nelle immagini radiologiche, ma di queste, solo il 10% risulta sintomatico e necessita di un nuovo intervento. Nel caso di una protesi “scollata” e dolorosa si può valutare un intervento di revisione di protesi che, solitamente, è complicato da rischi maggiori.